Come si uccide la Programmazione
da Il Sole 34 Ore del 6 Aprile 1984
Con le dimissioni dall’ incarico rassegnate,ieri,dalla maggioranza dei membri del Nucleo di valutazione degli investimenti e quelle ormai scontate dal Segretario generale della Programmazione economica, Enzo Grilli giunge all’ epilogo una vicenda tanto clamorosa quanto emblematica. Clamorosa perché è la prima volta che i membri di un’ Organismo tecnico rifiutano con tanta determinazione di assoggettarsi ai voleri del (Principe) fino al punto di denunciare il loro Ministro al TAR e di abbandonare in massa, un incarico almeno teoricamente prestigioso senza
avere pronte alternative professionali. Emblematica perché essa testimonia ancora
una volta – e nel modo più lampante – la totale allergia del mondo politico
all’introduzione di forme moderne e per quanto possibile (oggettive) di gestione
della cosa pubblica destinate a ridurre anche solo in parte i margini di discrezionalità
negli interventi.
Fin da quando ,oltre due anni fa, il Nucleo venne creato per iniziativa dell’allora
ministro del Bilancio Giorgio La Malfa col compito di selezionare gli investimenti
pubblici in base a parametri in oggettivi di validità sociale ed economica, non furono
pochi i pessimisti che predissero il fallimento di un’iniziativa giudicata tropo
illuministica per poter rimaner a galla nella palude di un mondo politico poco
propenso a guardare lontano e di una pubblica amministrazione inefficiente e
sonnolenta.
Quella provvisione si è rivelata solo in parte esatta:sorprendentemente ,infatti ,in
questi due anni le strutture della maggior parte delle Regioni e di molti ministre
hanno raccolto la sfida della modernizzazione delle procedure e hanno accettato di
misurare l’efficienza dei piani da essi stessi presentati sulla base di precise
metodologie economiche. I loro tecnici hanno collaborato con gli esperti del Nucleo
senza mostrare forme di rigetto davanti alla formazione indubbiamente diversa di
questi ultimi (vengono quasi tutti da istituzioni internazionali o da università
americane).
Il rifiuto è invece venuto a livello politico: il ministro del bilancio Pietro Longo(“Il
Sole 24 Ore” ha più volte riferito in proposito nei mesi scorsi) ha dapprima
presentato al Cipe per l’approvazione una serie di progetti che il Nucleo aveva
giudicato inattendibili. >Successivamente ha limitato con un decreto interno i
margini di autonomia del Segretario della Programmazione e infine ha sottoposto al
Cipe una bozza di delibera sui criteri di ripartizione del >Fio ’84 che di fatto
trasforma il Nucleo in una sorta di “ufficio studi”ministeriale.
Tutto ciò non mette però in discussione solo il comportamento del ministro del
Bilancio. Longo infatti non avrebbe potuto probabilmente andare diritto per la sua
strada se si fosse trovato a operare in un contesto politico diverso da quello attuale
nel quale ogni ministro bada al suo orto e fa finta di non vedere cosa accade in
quello del vicino.
E così i ministri del Cipe si sono messi a posto la coscienza manifestando qualche
riserva di tipo formale e poi hanno approvato le delibere presentate da Longo:
l’ultima prende addirittura atto del decreto ministeriale col quale Longo ha
modificato l’assetto del Nucleo che non è mai stato presentato al Cipe né è stato
registrato dalla Corte dei Conti.
Poco dignitoso appare anche il comportamento di quelle Regioni che, dopo aver
fatto fuoco e fiamme minacciando ricorsi al Tar contro Longo, sono divenute
mansuete dopo aver ricevuto la visita dello stesso ministro. Probabilmente a questo
improvviso mutamento di rotta non è estraneo il fatto che i criteri “oggettivi” fissati
per la ripartizione dei fondi ’84 comprendano un non meglio precisato riequilibrio
rispetto alle decisioni prese nel ’83. Con il che si torna a scivolare sul piano inclinato
delle promesse (fatte magari a porte chiuse) e delle logiche clientelari.
Dal punto di vista degli intereressi dello Stato la sconfitta più bruciante è proprio
quella subita su questo terreno. Nessuno aveva mai pensato che il Nucleo dovesse
sottrarre ai politici la responsabilità delle scelte finali. L’obiettivo era invece quello di
creare un sistema di valutazione economica dei progetti capace di garantire una
maggiore trasparenza delle decisioni: i tecnici avrebbero presentato una graduatoria
dei progetti e i politici, scartati quelli decisamente inaccettabili, avrebbero scelto nel
lotto di quelli validi i piani giudicati più importanti anche sotto il profilo politico. Si è
preferito invece sollevare un indiscriminato polverone arrivando ad ipotizzare la
riapertura delle istruttorie tecniche (e solo di alcune,si badi bene) sulla base di criteri
strettamente politici. I risultati sono sotto gli occhi d tutti. I tecnici hanno perso la
loro battaglia . I loro successori, se ce ne saranno, non potranno che partire da
questo arretramento. Nei fatto tutto tornerà come prima.
Salvo per un aspetto. Che nel frattempo gli altri Paesi industrializzati saranno andati
avanti sulla strada, già ampiamente collaudata, delle scelte fatte in base all’analisi
costi-benefici. A questo Paese non rimarrà che discutere in inutili convegni nei quali
uomini politici – magari gli stessi protagonisti di questa vicenda – invocheranno
l’inserimento dell’Italia nel novero dei paesi più avanzati, la modernizzazione e
l’informatizzazione della pubblica amministrazione, l’innovazione come scel